Lago Film Fest cambia pelle e si avvicina all'estate della sua quattordicesima edizione.
L'inverno però ha lasciato dei cocci e li ha arrangiati in strane forme: cumuli casuali, o magari monumenti silenziosi alla sostanza friabile del tempo. Chi c'è dietro? Ha importanza? Tutte le tappe di un'indagine fotografica interrotta, svolta in collaborazione con slowphoto.studio. Tra nidi abbandonati, scene da spiaggia ricostruite in provetta e un passato che minaccia di trattenersi.
Un tizio, tempo fa, mi disse che il miglior amico dell'uomo è la nostalgia.
Facile capire perché: la nostalgia si nutre del passato e del senso di meraviglia per il futuro non sa che farsene. Curiosità, volontà di scoprire chi e perché e dove siamo: idiozie pure e semplici. Chi sta camminando su un ponte di corda ha bisogno di tutto, tranne che qualcuno gli ricordi dov'è.
Disporrò qui una serie di foto.
Vanno intese come tappe di un'indagine non conclusa, avvistamenti di fenomeni apparsi
lungo la zona ovest di Revine Lago nel corso dell'ultimo inverno.*
Si presentano come cumuli, incastri, diramificazioni; alcune ricordano nidi, altre interni domestici ricostruiti all'aperto. Niente sembra casuale, tutto è disposto con amore evidente, con tutta la cura imparziale e psicotica che la maggior parte di noi perde assieme all'infanzia. L'infanzia: quel periodo d'oro in cui una biglia vale quanto un genitore. Ho svolto i miei appostamenti nell'arco di due settimane; le manifestazioni più evidenti interessavano perlopiù le ore del crepuscolo e quelle notturne.
Mi chiedono chi o cosa sia il responsabile. Non è una mia priorità scoprirlo.
Mi interessa la luna, non il dito. Che genere di luna indicano questi cumuli di roba e di oggetti scintillanti, queste sculture inconsapevoli? Una luna antica; una luna estiva. È indubbia l'ossessione per Lago Film Fest e le sue passate edizioni: ho potuto identificare pagine di vecchi cataloghi, pass scaduti, frattaglie di allestimenti mangiati dall'acqua. Altre volte si tratta di oggetti generici legati alla balneazione o al camping - salvagenti, remi spezzati, ombrelloni - come se il compito fosse stato ricreare Rimini Rimini a memoria, che bello quel film, quella semplicità, oggi ne avremmo un gran bisogno ma non saremmo in grado di sopportarla. È il mio terzo giorno qui e sento odore di creme solari: mi ricordo che è gennaio e procedo tenendo premuto un fazzoletto al naso. Rimini Rimini, a pensarci bene, non era proprio uno splendore.*
Lago Film Fest
Quattrordicesima edizione.
Comincia a scoprirla da qui.
slowphoto.studio
Debbo, infine, alcuni ringraziamenti a slowphoto.studio ed Enrico Donadello. Per la complicità nell'indagine, per quanto priva di esiti; per aver scattato le foto che, collateralmente, hanno finito per fare da campagna alla quattordicesima edizione di Lago Film Fest; e per quando mi hanno tenuto ferme le gambe mentre cantavo in convulsioni L'Estate Sta Finendo. A loro la parola.
Abbiamo voluto seguire un processo che rispettasse i nostri tempi e modi di fotografare. Una buona programmazione e progettazione dei set nelle settimane precedenti allo scatto ci ha permesso di lavorare con banco ottico su grande formato, un piacere che nel nostro lavoro ci è spesso negato. Guardare attraverso il vetro smerigliato permette di indagare l’inquadratura con più attenzione e cura.
Ogni set è stato allestito diverse ore prima - se non settimane - per farsi trovare pronti con gli chassis carichi, esposimetro in mano ad aspettare che la luce diventasse come l'avevamo immaginata. L'attimo dopo il click è come quello prima dei diciott'anni, ti aspetti che qualcosa accada ma niente, devi mettere via le pellicole e aspettare lo sviluppo.
Abbiamo sviluppato le piane i giorni successivi alla settimana di scatto, mentre pulivamo tutta l’oggettistica dal fango del lago. Da qui è stato tutto in discesa: abbiamo riacceso i computer e lo scanner e siamo passati alla post-produzione. Basta con chimica e pellicole, basta col romanticismo analogico.