di Martina Melilli
Italia | 2018 |documentario | 66’
Filmando la casa dei suoi nonni vicino a Padova, Martina identifica una mappa di luoghi appartenuti al loro passato. Il nonno Antonio è nato a Tripoli, in Libia, quando questa era una colonia italiana, e lì ha sposato Narcisa. Sono stati costretti a lasciare il paese all’improvviso nel 1970, dopo il colpo di stato di Gheddafi. Con l’aiuto di un giovane libico contattato tramite i social media, Martina raccoglie immagini di quella che è diventata oggi l’allora “casa” dei suoi nonni. I nomi di alcune strade sono totalmente cambiati, altri no. Tramite lo scambio di immagini e
chat, la relazione tra i due diventa più profonda. Il web permette loro di superare pian piano i confini fisici e culturali che separano le loro vite, portandoci all’interno di un mondo nel quale i media non hanno accesso. “Io credo – afferma la regista – nel valore delle storie di singoli che riescono a raccontare un vissuto comune a molti, e nella coralità di un racconto per raccoglierne punti di vista e sfaccettature diversi. La rappresentazione della memoria, individuale e collettiva, e il ruolo delle immagini e dei media nella società contemporanea, assieme al senso di
appartenenza sono i principali interessi della mia ricerca e della mia pratica artistica”. E infatti nel documentario troviamo la storia del nonno Antonio, condivisa da tutti quegli italiani che hanno vissuto l’esperienza dell’espatrio forzato dalla Libia, e poi quella di Mahmoud, giovane libico laureato in ingegneria nucleare, accomunati dalla città di Tripoli. My home, in Libya, presentato in prima mondiale al Festival di Locarno 2018, è il primo documentario di Martina Melilli, che è anche stata giurata del Lago Film Fest nel 2017.